Gli Open World

In questo articolo metterò in luce quella che è la mia opinione e i miei gusti riguardo a una serie di giochi che negli ultimi anni sono entrati velocemente tra le mie preferenze: i cosiddetti “open-world”. Nonostante la loro nascita non si possa certo collocare a numerosi anni fa, sono stati fatti tantissimi giochi con questa particolare caratteristica, alcuni dei quali hanno raggiunto un successo straordinario. 

Cosa sono gli Open World?

Per chiunque non abbia idea di cosa io stia scrivendo, cerchiamo di fare il punto riassumendo un po’ le basi: come suggerisce il nome, un gioco “Open World” ha la caratteristica di mettere il videogiocatore all’interno di un mondo più o meno vasto (di solito le mappe sono più grandi rispetto al resto dei giochi, ma non tutte sono esageratamente enormi), dove si ha ampia possibilità di scelta su quali obiettivi affrontare, con quale ordine e, a volte, anche con quale approccio. Sia chiaro, non è che non ci siano restrizioni, ma diciamo che per i fan dell’esplorazione può rappresentare un qualcosa che attrae. 

I limiti di questi progetti:

I limiti di questo genere riguardano solitamente l’interazione con questo macro-ambiente che ci circonda: spesso non siamo in grado di interagire con buona parte degli oggetti di gioco, nonostante col passare degli anni ci sia stata una piccola evoluzione. Tuttavia, le gigantesche mappe di gioco, create per noi gamer nei vari titoli, raramente possono subire mutamenti importanti, a meno non ci sia una missione (spesso della campagna principale) o un evento particolare che intervenga a proposito. 
Tutto questo “limitare”, in ogni caso, non è dovuto alla pigrizia o alla poca ambizione degli sviluppatori, ma si tratta quasi sempre di questioni tecniche che purtroppo coinvolgono la grandezza dell’ambiente di gioco e la conseguente impossibilità di intervenire ulteriormente sui suoi contenuti.

I pro e i contro degli Open World

Adesso che abbiamo capito (o ripassato, a seconda dei casi) le basi, è arrivato il momento di entrare nel vivo della discussione. 
La domanda in teoria è molto semplice: gli Open World sono una cosa bella oppure no?
La mia risposta, ancora una volta, è… dipende!
L’idea di creare un mondo di gioco dove ognuno di noi è libero di esplorare, guardare, visitare e svolgere diverse attività quando e come vuole è senza dubbio un fatto positivo.

Ma allora, dove sta la fregatura?

Ahimé, la “fregatura” sta proprio in quello che c’è dentro alle mappe. I contenuti, per così dire. Costruire spazi enormi ed interminabili per poi mettere pochi luoghi e poche attività porta chiunque a stancarsi in fretta di voler sapere cosa ci può essere in giro. 
Per farvi un esempio banale, è come se io vi facessi giocare in una piana desertica con dieci oasi, distanti minimo mezz’ora l’una dall’altra. La mappa potrebbe risultare molto grande, ma quanti di voi sarebbero così ansiosi di voler vedere tutte le oasi? E se le prime quattro che trovate risultassero uguali identiche tra loro, continuereste a voler trovare le rimanenti? Sono quasi certo di no, soprattutto se quest’esperienza appena descritta non fosse arricchita con qualcos’altro. Premesso ciò, è chiaro come i contenuti di un gioco facciano ancora la differenza e siano ancora importantissimi ai fini di realizzare un buon titolo.

Siamo solo all’inizio…

Ecco quindi i primi pro e contro di questi Open World: possono risultare delle ottime risorse per incentivare i videogiocatori ad esplorare e a conoscere il mondo di gioco, ma dall’altro può risultare una soluzione dispersiva che rende il prodotto troppo ripetitivo, dai ritmi lenti e che possono portare alla noia. 

Il discorso “Fantasia”:

Un altro aspetto che vorrei analizzare riguarda il discorso della “fantasia”: più volte ho sentito associare questa parola agli Open World, descrivendo questi ultimi come dei videogiochi più  difficili da creare rispetto agli altri perché per creare dei mondi così vasti serve più creatività e più fantasia”.

Quest’ultima frase secondo me è una gran cantonata!

Prima che decidiate di aggredirmi verbalmente (state calmi, giù i forconi e lasciatemi spiegare), voglio essere quanto più chiaro possibile su questa mia ultima frase: il motivo per cui la ritengo errata è che non sono affatto convinto che per creare un gioco Open World sia necessario metterci più fantasia e più creatività del normale. Creare un videogioco vuol dire mescolare una quantità di idee, di intuizioni, di conoscenze tecniche e, perché no, anche di esperienze e di culture che non hanno requisiti maggiori in questo tipo di gioco piuttosto che in un altro. Servono in tutti i casi, ne servono in quantità smisurata e più ce va, più ce ne sta. Insomma, non sono mai abbastanza.

Mi spiego ancora meglio…

Open World non è sinonimo di “maggiore fantasia”, perché, come ho citato poco prima, creare una piana desertica con dieci oasi separate da almeno mezz’ora di strada l’una dall’altra risulterebbe tanto semplice da concepire idealmente quanto privo di grande fantasia. Sarebbe tuttavia da considerare un open world a tutti gli effetti, nel momento in cui chi lo sviluppa fornisce piena autogestione ai videogiocatori in merito all’esplorazione della superficie di gioco. 
Come potete quindi constatare da ciò che avete letto qui sopra, sono un fan degli Open World che non difende a spada tratta questa tipologia di videogames, ma anzi sono uno dei primi che li condanna nel momento in cui la dispersività si fa strada in maniera prepotente nel gameplay.
Per fortuna, non sempre è così.

I migliori Open World

Alcuni titoli presentano ampie mappe ben congegnate, con ambientazioni differenti e numerosi luoghi da visitare. Le attività da svolgere, in questi contesti, sono un’infinità, e, se non risultano troppo ripetitive, le probabilità di passare su giochi simili centinaia e centinaia di ore si alzano pericolosamente (il pericolo è riferito alla vita sociale che viene meno, ovviamente 😀 ). Tali mondi risultano essere estremamente affascinanti, con quel mix di segreti, curiosità e informazioni su di essi che non può non attirare l’attenzione dei più curiosi e di coloro che si sono fatti ammaliare dai vari contesti.

Una porzione di mappa globale di The Elder Scrolls 5: Skyrim
In Skyrim, ogni luogo importante scoperto è un potenziale punto di viaggio rapido

Buoni e cattivi esempi

Un logo di Fallout 4
Fallout 4

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto menzionato nel paragrafo precedente, non si può non parlare di Bethesda e delle sue due saghe di punta: Fallout e The Elder Scrolls. Queste due serie sono caratterizzate (specialmente negli ultimi anni) da una componente Open World molto interessante.

L’esempio di Skyrim:

Quando si parla di coinvolgimento nel mondo di gioco, citare Skyrim è quasi d’obbligo: draghi, magie, incantesimi, luoghi criptici e misteriosi, tutto questo, unito alle numerose città e alle tante attività presenti, rendono questo mondo un ottimo esempio di coinvolgimento, che non a caso a distanza di anni viene è ancora molto giocato. Al di là dei difetti tecnici e di altre questioni di cui non tratterò (per ovvie ragioni, non è questo l’argomento dell’articolo 😉 ), la mappa di gioco è secondo me resa interessante da un fattore fondamentale: il viaggio rapido.
Scoprire un luogo sulla mappa (una città, un dungeon o altro) ti consente di poter ritornarci dopo tanto tempo semplicemente aprendo la mappa di gioco. In questo modo, per esplorare un territorio sconosciuto, tutto ciò che basta fare è viaggiare rapidamente fino al punto più vicino scoperto, per poi iniziare ad avventurarsi. Il fatto che ciò sia disponibile per tutti i luoghi importanti rende la mappa estremamente navigabile, nonostante forse in alcune zone la presenza di contenuti scarseggi.

La mappa di Fallout 4:

Bethesda ha applicato questo principio anche a Fallout 3 e 4 (non ho ancora giocato al 76, perciò credo sia meglio non considerarlo, in questo caso), rendendo il viaggio rapido disponibile per tutti i luoghi importanti trovati. Fallout 4, in questo senso, penso meriti una menzione speciale: già, perché ricordo molto bene delle lamentele che ci furono al lancio in merito al fatto che la mappa fosse percorribile da nord a sud in circa quaranta minuti, il che la rendeva troppo piccola per i gusti di molti; questa scelta di Bethesda non solo per me non è sbagliata, ma è addirittura perfetta. Il fatto che si sia scelto di non creare nulla di immenso, favorendo così la componente action e un rapido approccio alle numerose aree da visitare è da apprezzare tantissimo. Girare per tutte quelle località è stato un vero piacere e nonostante i difetti non manchino, sul design della mappa globale non credo affatto ci sia da discutere.

Quattro chiacchiere su Fallout 4:

A tal proposito, se volete un’opinione più accurata del gioco, vi invito a leggere i miei articoli sul videogioco e sul Season Pass che ho acquistato in un secondo momento. Il link lo trovate qui sotto:

Fallout 4
Fallout 4- Season Pass

Quattro chiacchiere su Horizon Zero Dawn:

Bethesda, per fortuna, non è l’unica ad aver applicato ottimi principi in questo contesto: nonostante il mondo di gioco di Horizon Zero Dawn presenti alcune zone vuote, infatti, Guerrilla Games ha ovviato al problema con una soluzione adeguata: i falò. L’inserimento di questi piccoli punti di salvataggio accumulati in quantità elevata e sparsi un po’ ovunque, consente davvero di raggiungere qualsiasi luogo in pochissimo tempo semplicemente aprendo la mappa globale.
Una bella comodità!
Si parla di un gioco che chiaramente non verrà ricordato positivamente solo per questo (e meno male!), e vi invito infatti a leggere anche gli altri aspetti nel mio articolo realizzato in merito a questo gioco per me straordinario. Anche in questo caso, il link e qui sotto:

Horizon Zero Dawn
Horizon Zero Dawn – The Frozen Wilds

Qualche esempio da NON seguire!

Dopo aver citato questi primi esempi, credo di aver più o meno reso l’idea di quali siano i miei gusti, e di cosa secondo me vuol dire realizzare un Open World fatto bene. Perciò, credo sia il momento di citare qualche esempio un po’ più infelice, a cominciare da una delle mie saghe preferite: vorrei infatti focalizzare la mia attenzione su Assassin’s Creed Origins; il titolo è ambientato in Egitto, in un territorio desertico che si affaccia sul fiume Nilo, dove non mancano chiaramente le piramidi, la sfinge, il faraone e tutto il resto.

La mappa, allora, che problemi ha?

Molto semplice, se accettate un incarico e dovete andare in un luogo a completare la quest, state certi che la probabilità di dover fare almeno un chilometro di strada non è così remota. Percorrere il tragitto in un paio di occasioni non è un dramma, ma qui si parla di un’azione da svolgere centinaia e centinaia di volte all’interno di un gioco che può durare centinaia e centinaia di ore. Il rischio è che davvero si arrivi a trascorrere più tempo su un dromedario piuttosto che nel vivo dell’azione.
E parliamo di Assassin’s Creed! 

Viaggio rapido? Certo… che no!

I punti di osservazione non aiutano più di tanto e sono tra i pochi a garantire la possibilità di effettuare il viaggio rapido. Esplorare nuovi territori è ancora più complicato, perché spesso si rischia di percorrere decine di chilometri senza trovare nulla che non sia sabbia o pietra. Bene, ma non benissimo, insomma.
Il gioco di per sé non è male, con numerose novità rispetto ai precedenti capitoli che hanno reso questo titolo una novità assoluta per il brand. 
Vi lascio il link anche a questo articolo, così scoprirete che nonostante questo che definisco “difetto”, il gioco è tutt’altro che sconsigliato 😉

Assassin’s Creed Origins

Un 'immagine di una porzione di mappa globale di Assassin's Creed Origins
In questa zona di mappa di Ac Origins la navigabilità è resa accettabile dalle numerose località. Allontanarsi dalle regioni popolate allunga tutti i viaggi di svariati minuti.

Un ultimo esempio fuori dal coro

Concludo la mia lista di esempi con un ultimo gioco in cui le mappe non sono per me ben fatte: Mass Effect Andromeda. L’idea di creare superfici planetarie ampie e liberamente esplorabili è stato per me un errore, soprattutto vista la scarsa quantità di luoghi e contenuti presenti sulla maggior parte di esse. Non è un caso che il girovagare per il mondo di gioco sia molto più soddisfacente nelle città e nei luoghi chiusi, dove le possibilità di andarsene a zonzo sono molte meno. I primi tre capitoli di Bioware, non a caso, avevano quest’ultima caratteristica e si sono rivelati degli straordinari successi.  Le cause non sono chiaramente da attribuire solo ai design delle mappe, ovvio, ma io credo che tra i vari aspetti ci sia anche questo, da considerare, soprattutto perché già dopo qualche ora di gameplay la componente action subisce delle cadute. 
Ciò rappresenta un vero dispiacere, almeno per me, perché il combat system proposto in questo videogioco è davvero realizzato bene.
Sia chiaro, mi rendo conto del fatto che non parliamo di un Open World, ma sicuramente siamo di fronte ad un altro esempio di come le mappe grandi, senza una corretta gestione dei contenuti, possono creare più danni che utilità.

Per concludere

Insomma, tutto ciò per dire che la componente Open World, diventata negli ultimi anni una moda, non è garanzia di successo e qualità, ma rischia anzi di diventare un’arma a doppio taglio, specialmente in questo periodo dove viene utilizzata così tanto dai vari sviluppatori. È bello ricevere dalle varie aziende produttrici prodotti di questo tipo ricolmi di contenuti e attività da svolgere, ma non bisogna dimenticarsi che “nella botte piccola c’e il vino buono”, e che diluirlo eccessivamente per poter bere di più a un certo punto rischia di rovinare tutto. 
Insomma, ai videogiocatori piacciono le grandi opere, non delle semplici opere grandi. 
Spero di essermi spiegato 😉

Ora tocca voi dirmi la vostra!

E voi? Siete d’accordo con la mia opinione o la pensate diversamente? Fatemelo sapere nei commenti e ricordatevi di seguirmi anche sui social, dove pubblico contenuti e gameplay nuovi ogni giorni. Leggete anche gli altri articoli che trovate su questo sito e ricordate di continuare a seguirmi anche qui. 
Grazie e alla prossima!

Il tuo Voto

Videogiocatore da tempo immemore, con la passione per questo mondo che non ha minimamente risentito dei 25 anni trascorsi a giocare.

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