Death Stranding
Sono sempre stato dell’idea che i videogiochi fossero adatti a tutti. In base al genere, alla tipologia e al titolo scelto, sono sempre esistiti videogiochi adatti sia ai giovani che agli adulti.
Ci sono tuttavia progetti, più o meno ambiziosi, che non mirano a piacere a quante più persone possibili: il loro scopo è quello di portare qualcosa di diverso dal solito, di particolare, rinunciando in molti casi ai compromessi artistici.
In questo articolo parleremo proprio di uno di questi progetti, vale a dire Death Stranding, il primo videogioco prodotto dalla Kojima Productions.
Uscito i primi di Novembre del 2019, si tratta del primo gioco sviluppato da Hideo Kojima e dal suo studio dopo la scissione da Konami avvenuta nell’ormai lontano 2015.
Death Stranding è palesemente qualcosa di mai visto nel mondo videoludico, così come incredibile è la storia vissuta dallo stesso Kojima per arrivare alla pubblicazione di questo gioco così particolare. Ma andiamo con ordine…

Stramberie già dallo Start:
Il primo indizio che mi ha fatto capire di non essere di fronte ad un gioco qualsiasi è arrivato dopo pochi secondi: tra il discorso del Big Bang e dell’origine dell’universo e l’introduzione al mondo di gioco, mi è stato chiaro fin da subito che ero appena entrato nella mente geniale e fantasiosa di Kojima.
Tra arcobaleni al contrario che si mostrano in cielo, temporali di cronopioggia che accelerano l’invecchiamento di ciò che le gocce incontrano e collegamenti tra i vivi e i morti, in Death Stranding non manca praticamente nulla.
Una trama molto particolare:
All’inizio la storia si presenta come un qualcosa di un po’ caotico e difficile da comprendere. Lo stesso protagonista scopre e apprende moltissime cose con l’avanzare del gioco, proprio come noi.
Più si va avanti, tuttavia, più molti quesiti ottengono una risposta, trovando maggior completezza in documenti e interviste che recupereremo nel corso della partita.
Alcuni dubbi potrebbero rimanere, ovvio, anche perché parliamo di un mondo di gioco molto complesso e articolato. Va ricordato anche, però, che tale mondo ha una sua logica e alla fine tutto torna.
Certo, bisogna armarsi della cara e vecchia pazienza e bisogna immergersi parecchio a fondo per intravedere una luce che faccia chiarezza sui misteri di Death Stranding. Vi assicuro, però, che dal mio punto di vista vale la pena indagare , scoprire cose nuove, e quel retroscena dietro la trama principale che rende tutto ancora più intrigante.
“Accettato. Benvenuto, Sam Porter Bridges”
Il protagonista di quest’opera è Sam Porter Bridges, un corriere dal misterioso passato la cui capacità di consegnare pacchi di ogni tipo ai destinatari più improbabili non conosce rivali.
In un’America devastata da un misterioso fenomeno (il Death Stranding, per l’appunto) e dove la razza umana è prossima all’estinzione, Sam sembra essere la sola speranza per il genere umano e per l’America.
Tutto ciò ha del paradossale, considerando che a Sam dell’America non importa nulla, così come non sembra nemmeno interessato alla sopravvivenza degli uomini.
La Bridges

A fornire e a fornirci supporto in questa incredibile avventura è la Bridges, ovvero ciò che resta del governo americano e degli Stati Uniti in generale.
Sono proprio loro a ingaggiare Sam per riunificare i vari avamposti sparsi e scollegati tra loro del territorio. Facendo questo, egli potrebbe così riuscire a raggiungere l’ovest per liberare Amelie, la futura presidentessa degli Usa.
Costei è tenuta prigioniera da una banda di terroristi, per motivi non ancora del tutto chiari.
Riunire i vari avamposti della mappa diventa fondamentale per la Bridges anche per completare il suo piano di ricostruzione del paese, che prenderebbe il nome di UCA, ovvero le Città Unite d’America.
Le UCA
Le UCA rappresentano per Sam e per i giocatori una sorta di eremo nel deserto delle ambientazioni e dei pericoli che coprono tutta la mappa di gioco.
I prepper, ovvero gli npc di ogni avamposto, avranno un rapporto specifico con Sam che varia da persona a persona.
Ciò significa che se il giocatore consegna numerosi carichi allo stesso prepper, costui potrebbe ripagarlo con ricompense e oggetti bonus.
Trasportare carichi da un punto a un altro per collegare i vari avamposti non è affatto un’impresa facile, specialmente le prime volte.
Risorse sbloccate e scorciatoie ben sfruttate possono naturalmente facilitare il compito dei giocatori, specialmente nel caso in cui questi ultimi decidano di sfruttare la rete chirale.
La rete chirale
Tra le numerose conseguenze del Death Stranding vi è anche la comparsa di un materiale nuovo, in principio sconosciuto: il chiralium.
Questo materiale ha consentito lo sviluppo di una rete di connessione che permette di creare tantissimi strumenti e utilità in pochi secondi, direttamente sulla mappa di gioco.
Ogni avamposto controlla un’area specifica e garantisce una determinata capacità massima di connessione. Ogni oggetto creato consuma una parte di questa connessione, anche se in cambio facilità non di poco il viaggio del nostro corriere. Su questo aspetto si basa gran parte della componente online di Death Stranding, che discuteremo più avanti in questo articolo.
Quello che vorrei mettere in evidenza in questo paragrafo è il fatto che migliorando il rapporto con i prepper degli avamposti, aumenteranno le capacità massime dei magazzini di materie prime e la potenza di connessione della rete chirale nella zona controllata di riferimento.
Ciò dovrebbe incentivare il giocatore ad investire ore di gioco per effettuare più consegne e ad aiutare più persone.
Il gameplay, purtroppo, a volte non sembra favorire tutto ciò, per ragioni che vedremo in seguito.

La Fragile Express
Prima ancora di incontrare la Bridges, Sam incontra una ragazza sul suo cammino che lo aiuta a sfuggire da un brutto guaio: Fragile.
Fragile è la figlia del fondatore della Fragile Express, nonché attuale capo della medesima organizzazione (o di quel che ne rimane).
Per diverso tempo, la Fragile Express ha fatto ottimi affari e ha goduto di un’ottima reputazione. Il motivo per la quale adesso si trovi alla deriva… beh, lo lascio scoprire a voi!
Quello che vi serve sapere è che la ragazza e Sam condividono le Dooms, ovvero la capacità di interagire con le cosiddette Spiagge e con le CA.
Spiagge e CA
A proposito di collegamento tra vivi e morti, Death Stranding comprende un mondo di gioco dove le persone hanno una sorta di “ponte personale” tra la vita e la morte denominato Spiaggia. Le spiagge, unite assieme, formano una rete che ha delle connessioni molto particolari con il mondo dei vivi.
Siccome il Death Stranding ha alterato le leggi che regolano la morte di una persona, sulla Terra sono così comparse le CA (le cosiddette “creature arenate”).
Le CA non sono altro che anime di defunti che sono tornante dalla loro spiaggia, intenzionate a strappare la vita da tutto ciò che respira.
La loro presenza in determinate zone della mappa viene ulteriormente complicata dalla presenza della cronopioggia, senza la quale le CA non si presentano.
Questo significa che, alle difficoltà più alte, queste zone rappresentano senza dubbio un bell’ostacolo per Sam e il suo carico.
I Muli e gli Homo Demens
A complicare ulteriormente i trasporti di Sam ci sono anche gruppi di persone vive e vegete che mirano a rubare il suo carico o ad eliminarlo.
I Muli (che ho sempre pensato fosse un nome strano ma stranamente divertente per un gruppo di criminali), sono per lo più ex-corrieri che hanno una sorta di dipendenza: un disturbo particolare che li spinge ad accumulare i carichi degli altri corrieri. Va da sé che il nostro protagonista è più volte preso di mira da costoro, che cercano di derubarlo ad ogni occasione. I Muli, proprio come gli Homo Demens, pattuglia o delle aree particolari, che difficilmente passano inosservate.
Gli Homo Demens sono abbastanza simili ai Muli, per certi aspetti: sono anche loro persone vive e anche loro sono ben disposte a dare la caccia a Sam.
La loro tecnologia a disposizione, tuttavia, è di livello superiore a quella dei Muli e, in più, non sono semplici ex-corrieri: si tratta di veri e propri terroristi, che operano per ragioni sconosciute per creare disastri e seminare morte e distruzione.

Lo scopo della missione
In mezzo a tutte queste difficoltà e con l’umanità a rischio estinzione, l’obbiettivo di Sam è quello di riunire tutti i prepper sotto un’unica bandiera, quella delle Uca, salvare Amelie, tenuta prigioniera nel lontano ovest, e scongiurare l’estinzione dell’umanità.
Facile, no?
Scherzi a parte, la trama si rivela piuttosto lunga, articolata e complessa, compmice per lo più un mondo di gioco decisamente fuori dal comune.
Per quanto a me personalmente sia piaciuta moltissimo, la storia si tira dietro il classico difetto di tutti i racconti longevi: spesso e volentieri, ho riscontrato dei cali nel ritmo della narrazione non indifferenti, che possono arrivare a demotivare un po’ alcuni tipi di giocatori dal continuare l’avventura con Death Stranding.
I lunghi tragitti di Sam, le deviazioni e le difficoltà riscontrabili lungo la via non rendono di certo meno accentuati questi cali.
Peccato, a mio avviso, perché a livello di regia, di inquadrature, di sceneggiatura e di tematiche affrontate siamo di fronte ad un vero e proprio capolavoro.
Alcune scene particolari sono state per me dei piccoli gioielli all’interno di una generazione di console che per fortuna ci ha regalato tanto con cui fare il confronto.
La trama è qualcosa di veramente molto particolare, con retroscena e risvolti improvvisi veramente magnifici.
Le CA, soprattutto nelle boss fight, con le loro forme particolari, sono la ciliegina sulla torta di un comparto artistico che lascia ben poco spazio alle critiche.
Sul gameplay, come purtroppo scoprirete tra poco, non potrò dire altrettanto.
A caccia… di Like!
In un mondo dove il Death Stranding rischia di portarsi via la razza umana, dove i pochi gruppi di persone vivono isolate tra loro e dove le anime dei morti fanno il loro ritorno per tormentare i vivi, a cosa poteva aspirare Sam, che si ritrova ad essere la sola ed unica speranza di salvezza del genere umano?
Ai Mi Piace ottenuti dagli altri prepper e dagli altri corrieri, no? No?!
Lo ammetto, anch’io ho faticato un po’ a credere che questo tipo di struttura reggesse.
Il fatto che il giocatore accumuli Like per alzare il livello di connessione e migliorare i magazzini degli avamposti mi era sembrato un po’ strano, all’inizio.
Inoltre, gli stessi Like consentono al nostro protagonista di diventare un corriere più efficiente, migliorando la resistenza, la capacità di trasporto e molto altro.
Multiplayer: siamo tutti connessi!
Per quanto Death Stranding risulti un titolo da giocare prevalentemente in single player, ci si può in realtà collegare online con gli altri giocatori per ottenere un’interessante cooperazione.
Pur non potendo vedere “gli altri Sam” in azione all’interno del nostro mondo di gioco, possiamo tuttavia interagire con le strutture da loro create, utilizzandole o addirittura potenziandole e riparandole, in modo da poterne tutti giovare.
Nel menù, inoltre, è presente una sezione apposita dove poter osservare le statistiche riguardanti le interazioni con gli altri giocatori e quante volte il nostro Sam ha interagito con il Sam di un altro giocatore.
Un’ottima trovata, soprattutto perché gli altri corrieri possono contribuire con dei Like se utilizzano o apprezzano ciò che è stato fatto.

I difetti di un ricco gameplay
Come già accennato qualche paragrafo fa, il gameplay di Death Stranding non viaggia agli stessi alti ritmi della narrazione e della trama. Il motivo non è certo da ricercare negli elementi che lo compongono: tra armi, gadget, gestione del carico e interazione con gli oggetti creati sulla mappa, il titolo è sicuramente reso ricco da numerose opzioni a disposizione dei giocatori.
Senza contare che, con l’avanzare della trama, numerose varianti di oggetti già posseduti e nuove risorse sbloccabili diventano disponibili per il nostro protagonista.
Un’ottima notizia, visto e considerato che il livello di difficoltà dei viaggi diventa a mano a mano sempre più alto, con l’avanzare del gioco.
Cos’è che allora che non funziona?
Guida complessa e complicata
Nonostante un gameplay dal ritmo abbastanza lento e con ben poche fasi in cui i riflessi e la velocità d’azione fanno la differenza, Death Stranding può vantare l’inclusione di diversi veicoli all’interno del proprio arsenale.
Questo sulla carta dovrebbe velocizzare parecchio i tempi di consegna, soprattutto perché alcuni di essi hanno capacità di carico davvero notevoli.
Tutto questo viene però guastato da una guida piuttosto difficile di questi ultimi.
Le cause, a mio avviso, sono molteplici:
- La maggior parte di loro perde aderenza con una facilità disarmante, soprattutto quando incontriamo un minimo di pendenza;
- A questo, si aggiunge un meccanismo di sfruttamento freno/acceleratore non proprio impeccabile;
- Infine, molte volte i mezzi si incastrano nel nulla, incontrando bug e difficoltà inesistenti su qualunque superficie non sia stradale
Le alternative per velocizzare i viaggi ci sono e sono anche più efficaci dei veicoli disponibili all’interno del gioco. Tuttavia, rimane per me il rammarico di una meccanica interessante che forse poteva essere sfruttata meglio.
Trama e gameplay dai ritmi lenti
Se l’aggiunta dei numerosi mezzi di trasporto, delle armi e dei gadget vi ha fatto pensare ad un gameplay rapido e ad un gioco action dal ritmo frenetico, temo di dovervi deludere: Death Stranding non è per niente adatto a chi cerca esperienze con tempi di reazione rapidi e velocità di esecuzione elevate.
Occorrono strategia, pianificazione e un’assoluta mancanza di fretta per affrontare questo titolo.
Dai numerosi viaggi e alle zone invase dalle CA fino ad arrivare alla colonna sonora, Death Stranding non spinge affatto il giocatore a procedere a passo spedito come se stesse fuggendo.
Al contrario, l’opera di Kojima Productions propone un andamento costante, a patto ovviamente di essere organizzati e preparati nella maniera opportuna.
In questo modo, e mantenendo la calma, si possono riuscire a percorrere i tragitti superando le difficoltà senza troppi problemi e senza mai realmente fermarsi troppo a lungo nella stessa zona.
Qualche eccezione alla regola è ovviamente presente, ma si tratta di casi eccezionali, come le boss fight, da cui è meglio non farsi trarre in inganno.

Boss Fight: bene, ma non benissimo
A proposito degli scontri con i Boss, Death Stranding propone ambientazioni e scontri artisticamente davvero esaltanti: i vari scenari di fronte a cui mi sono trovato mi hanno fatto spesso rimanere esterrefatto di fronte alla particolarità di ciò che è stato creato.
Sia chiaro, l’intero gioco è visivamente qualcosa di mai visto, proprio come già avevo accennato qualche paragrafo prima.
Tuttavia, intraprendere certi scontri importanti all’interno di contesti così ben congegnati mi ha davvero colpito, nel senso più positivo del termine.
Va detto anche che purtroppo il gameplay si ritrova per me qualche pecca, a cominciare dalla facilità di questi scontri: anche alle difficoltà più alte, è davvero difficile trovare delle complicazioni all’interno delle battaglie.
Questo vale tanto nelle boss fight quanto nelle sfide più abituali con Muli, Homo Demens e CA.
Per far sì che il giocatore incontri qualche disagio lungo il cammino, a mio avviso c’è un’unica soluzione: affrontare gli ultimissimi scontri di Death Stranding a difficoltà massima.
In alternativa, le cose si potranno risolvere semplicemente sfruttando una discreta quantità di risorse ed evitando di arrivare al momento della battaglia completamente impreparati. Un minimo di equipaggiamento, sfruttato a dovere, nella maggior parte dei casi basta e avanza.
Riprese da film!
Come già citavo nei paragrafi precedenti, Death Strandng vanta un comparto grafico decisamente molto interessante: oltre alla sua unicità riguardante il contesto chirale e delle CA, sono rimasto più volte sbalordito dalla qualità con cui viene presentato il tutto.
Le cutscene, che più volte hanno avuto l’occasione di mostrare sequenze affascinanti, hanno quasi sempre sfruttato queste opportunità in maniera egregia, impreziosite come non mai da una regia degna di un film su grande schermo.
Da questo punto di vista, perciò, il genio di Kojima e la sua passione per il cinema sono senza dubbio complici del successo di tutto questo.
Inquadrature, movimenti di telecamera, espressioni facciali e dialoghi sono al servizio della storia e dei suoi particolari e intricati momenti.
La scena di inizio gioco con Sam sul furgone durante la cronopioggia è, dal mio punto di vista, un capolavoro della cinematica nei videogiochi. La possibilità di ruotare a piacimento la telecamera e provare ansia e angoscia ovunque si guardi mi ha fatto provare anche un’altra sensazione, ovvero quella di soddisfazione: questa, infatti, è l’ennesima prova di quanto sia possibile trasmettere emozioni con i videogiochi, di quanto questa forma d’arte (perché di questo si tratta) abbia le potenzialità per fare ancora tantissimo.
Tuttavia, mi rendo conto che descrivere tutte queste sensazioni a chi non ha provato ciò con il Pad in mano in prima persona sia davvero molto difficile.
Un ambiente un po’ spoglio?
Per quanto sia positivo ciò che ho raccontato poco prima, ci sono anche qui degli elementi che mi hanno fatto storcere un po’ il naso.
Già, perché per quanto graficamente Death Stranding sia meritevole di mille lodi, va però messo in conto che la grande qualità visiva mostrata durante il gameplay si trascina dietro diversi difetti grafici, in particolare coi veicoli (problema già citato poco prima) e con un ambientazione decisamente priva di grandi “attrazioni turistiche”.
Per intenderci, l’assenza della rete chirale con la quale veniva un tempo costruito tutto fornisce un alibi perfetto per non dover creare numerose città e luoghi da visitare in tutta la mappa, dando vita a poche strutture (quasi tutte dedicate a Prepper, centri logistici e luoghi della storia) ma curate piuttosto bene.
Se da un lato molti direbbero ” meglio pochi, ma buoni”, io dico che immense distese innevate e vasti territori pieni di rocce e detriti risultano forse poco soddisfacenti, per chi come il sottoscritto adora esplorare luoghi misteriosi e sconosciuti.

Realismo con eccezioni
I movimenti di Sam in fase di pendenza e terreno accidentato favoriscono l’immersività e il realismo di Death Stranding, con il nostro protagonista che deve regolarsi con il peso del carico per non cadere e rovinare il materiale. Non mi sorprende, però, che molti siano poi rimasti straniti da altri difetti grafici riscontrati durante le fasi di gioco, con Sam che si ritrova ad andare a sbattere contro rocce che di fatto non arrivano al suo ginocchio, con l’arrampicata non sempre impeccabile e con gli hovercarri che a volte si incastrano senza una ragione ben specifica.
Insomma, per quanto nel complesso il bilancio si positivo, per me ci sono diversi elementi migliorabili.
Tecnicamente ottimo, ma con dei “ma”…
A livello tecnico, la già osannata grafica è resa tale da un comparto tecnico impeccabile, che riesce a rendersi spettacolare anche per chi, come me, è in possesso della Ps4 Standard. Il Decima Engine e la collaborazione con Guerrilla Games hanno permesso una ricerca del fotorealismo che ha portato davvero ad degli ottimi risultati.
Purtroppo, a livello di gameplay, questo spettacolo visivo si traduce in difficoltà materiali di movimento, specialmente quando ci si mette alla guida dei veicoli o la strada si fa particolarmente ricca di ostacoli e pendenze.
Nonostante ciò, i tempi di caricamento rimangono relativamente accettabili, soprattutto se paragonati alla qualità delle immagini che poi Death Stranding offre.
Una menzione speciale va alle oltre dieci ore di filmati, degni dei migliori giochi del momento per quanto riguarda regia e sceneggiatura.
Colonna sonora impeccabile
Anche un non appassionato di cinema sa perfettamente quanto il sottofondo musicale di ogni scena sia importante, all’interno di un’opera. Basta davvero poco a trasformare una bella scena in un bel disastro, se le note che la accompagnano non sono in grado di valorizzare l’enfasi dei momenti mostrati.
Death Stranding e la Kojima Productions sembrano esserne ben consapevoli, tanto da optare una serie di brani decisamente adatti al contesto.
Per quanto molti di loro si mantengano su note e accordi simili e su ritmi e sensazioni che variano poco, parliamo in generale di una scelta azzeccatissima, soprattutto nelle fasi della trama più adrenaliniche, spettacolari e di climax.
In questi casi la musica si dissocia da quello che ho appena scritto, perché ogni istante e ogni nota fanno storia a sé.
Se i viaggi e i ritmi più blandi del gioco sono accompagnati da melodie dai ritmi più lenti, troviamo invece musiche incalzanti e sottofondi ricchi di suspense quando la situazione lo richiede, valorizzando esponenzialmente la scena.
Per quanto in alcuni casi risulti particolare quanto l’opera stessa, parliamo senza dubbio di una scelta musicale impeccabile.
Doppiaggio italiano da dieci e lode!
Coloro che sono meno abituati ad avere a che fare con la lingua inglese possono tirare un sospiro di sollievo: Death Stranding ha testi, menù e voci interamente tradotti in italiano, senza imprecisioni e senza errori di sorta.
I miei più sinceri complimenti, a tal proposito, vanno proprio al doppiaggio italiano, con Andrea Lavagnino (doppiatore di Sam) e soci che hanno svolto un lavoro davvero eccezionale nel trasmettere enfasi e carattere ai loro personaggi.
La presenza, su idea di Kojima stesso, dei loro nomi nella presentazione di ogni personaggio è un riconoscimento più che meritato ad un gruppo che ha contribuito così bene alla riuscita del comparto artistico del gioco.
Certo, non è la prima volta che Kojima mette in pratica questa scelta, ma riproporla anche in questo caso si rivela l’ennesima ottima idea messa in pratica all’interno di un prodotto pieno stracolmo di ottime trovate.

Nomination al Game of the Year
La cura al dettaglio e la meticolosità con la quale l’opera è stata curata a livello di sceneggiatura e regia è degna di presenziare tra i migliori titoli dell’anno 2019.
La sua nomination, criticata così aspramente da numerosi utenti, trova per me ottime ragioni di esistere, e sono accompagnate da dubbi e perplessità nei confronti di chi è in disaccordo con questa decisione.
Le critiche
Ci tenevo a dedicare questo paragrafo all’articolo perché purtroppo è vero quando si dice che “come la fai la sbagli”: perché presentare un titolo con un gameplay dalle meccaniche già viste, con un trailer in cinematica che nulla mostra del gioco e con i canoni classici dettati dalle mode del momento fanno alterare l’utenza, che vorrebbe qualcosa di nuovo e mai visto, anche a costo di dover sperimentare e sconfinare in un territorio inesplorato.
Quando però questo avviene, sono altrettanti coloro che aspramente criticano il tentativo da parte di chiunque di portare un’esperienza di gioco nuova, per certi aspetti innovativa.
Questo, a mio avviso, è accaduto con Death Stranding.
Oltretutto, in maniera forse errata (soprattutto visti i risultati), il titolo è stato pubblicizzato largamente come se fosse un gioco adatto più o meno a tutti, quando invece a conti fatti si tratta di un’opera che in realtà è per pochissimi.
Non sono tutti pronti ad accogliere le novità che Death Stranding ha da proporre, non solo per una questione di genere videoludico, ma anche per una questione di apertura mentale.
Io stesso, prima di acquistarlo, ho preferito aspettare: venendo a sapere che si trattava di un gioco di Kojima e che sarebbe stato un titolo piuttosto particolare, ho preferito attendere il momento opportuno, il periodo giusto in cui sarei stato pronto ad accogliere tutto quello che Death Stranding aveva da proporre.
Col senno di poi, si è rivelata una scelta azzeccatissima, perché ho potuto apprezzarne i lati positivi e le proposte mai viste, oltre a constatare quelli negativi e i suoi elementi da migliorare.
Conclusioni
Concludendo questo lungo articolo su un gioco che tuttavia meriterebbe ulteriori approfondimenti, posso dire con tutta certezza che ci troviamo di fronte ad un gioco molto particolare, non adatto a tutti, estremamente di nicchia e che va affrontato con una certa apertura mentale.
Idee innovative, comparto artistico di altissimo livello e una storia ricchissima di dettagli sono accompagnati da un gameplay dai ritmi quasi sempre lenti e poco adatto a chi preferisce l’adrenalina e le azioni frenetiche.
I difetti di gioco che Death Stranding si porta dietro vengono per me surclassati da tutti quegli elementi positivi che l’opera possiede.
Se è vero che ci sono giochi in grado di portare delle ventate di aria fresca al mondo videoludico, Death Stranding è un uragano di grado 5 della scala Saffir-Simpson.
Perciò, chiunque sia in cerca di qualcosa di nuovo e mai visto, dovrebbe decisamente provare questo gioco, senza badare troppo alle tante critiche che sono piovute sull’opera a suo tempo e preparandosi psicologicamente a ciò che sta per vedere.
E tranquilli, se quando lo proverete rimarrete comunque di stucco, sorpresi e sconvolti, sarà tutto assolutamente normale, perché tanto per me nessuno può essere pronto a una cosa del genere 😀
Un’ultima occasione la voglio cogliere per ringraziarvi di aver letto questo lungo articolo e per invitarvi a farmi sapere la vostra opinione.
Perciò grazie e… alla prossima!
